i video + la loro storia si scrive nella strada, Mirna e Mayra ci raccontano la strada + APPROFONDIMENTI + testo di "Mirna e Mayra ci raccontano la strada"
PRESENTAZIONE
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N (narratore) Mirna e Mayra ci guideranno nella visita delle strade nella capitale del Guatemala e ci faranno conoscere il movimento di giovani di strada e l’associazione “Las Quetzalitas che raggruppa ragazze uscite dalla strada. Mirna e Mayra fanno parte delle quetzalitas e lavorano nel movimento. Il quetzal, splendido uccello tropicale con una lunghissima coda verde è simbolo di libertà. perché, come le ragazze e ragazzi di strada, non sopravvive in gabbia.
Mirna: 22 anni, tre figli: Germana di sette anni, José Luis di 4 e Bryan di tre. Dai 7 ai 14 anni, ha vissuto in strada. Ora lavora come segretaria nel movimento. Ha finito gli studi secondari e vuole iscriversi all’università.
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Mayra: 26 anni, due figli: Neco, 9 anni e Gerardo, 6 anni. Dai 15 ai 20 anni ha vissuto per strada. Ora lavora nel movimento come accompagnatrice responsabile della produzione. Vende anche indumenti nelle strade e si è costruito una casetta.
I PRIMA DELLA STRADA
I (intervistatore): Mirna, da dove vengono i bambini di strada e perché vanno in strada?
Mi : Vengono dalla periferia della capitale, dalle baraccopoli, i luoghi più poveri del Guatemala… Vanno a vivere nella strada a causa degli abusi dei patrigni, delle matrigne, dei maltrattamenti del papà, della mamma… a causa degli stupri da parte di membri della famiglia.
I: Quanti anni avevi quando sei andata in strada?
MI: Avevo sette anni. Vi sono andata perché i miei genitori si sono separati. Io non volevo andare né con mio papà né con la mia mamma perché avevo paura… avevo para perché mi picchiavano molto, mi facevano soffrire molti maltrattamenti, non solo loro ma anche il mio patrigno e la mia matrigna. Quindi la soluzione che ho trovato fu la strada…
Ma: La maggior parte va in strada a causa dei maltrattamenti nella famiglia, a causa delle violazioni da parte dei genitori, perché li picchiano, li discriminano, per questo vanno in strada.
(immagini di baracche)
N: il genocidio di più di 200.000 persone, perpetrato negli anni ’80,dall’esercito agli ordini della classe dominate e del governo degli Stati Uniti, ha spinto quasi un milione d’indigeni e di contadini poveri a cercare un rifugio nelle città, particolarmente nella capitale. Hanno costruito decine di baraccopoli che circondano la metropoli da una cintura di miseria o s’insinuano fino al centro nei burroni colmi di casupole che si aggrappano anche ai pendii malfermi. Le piogge torrenziali frequenti durante l’inverno, seppelliscono sotto il fango decine di capanne e di poveri. Il terremoto del ’76 cancellò migliaia di persone burroni.
La miseria crescente, provocata dall’economia neo-liberale ha accentuato l’esodo dalla campagna alla città e provocato il sorgere d’altre decine di baraccopoli.
Per fuggire questi luoghi di violenza e di noia, centinaia di ragazze e ragazzi scelgono di viver nella strada. Rifiutano di vivere rinchiusi in case famiglia, privati della loro libertà e sottoposti a adulti, senza possibilità di decidere della propria vita.
II IN STRADA
I: Come si vive in strada, si vive in gruppo?
Mi: Sì. Ma non sono gruppi organizzati. Si formano gruppi perché le ragazze ed i ragazzi si trovano bene insieme, è più o meno così che iniziano i gruppi. .. Se mi trovo bene con queste ragazze chiaro che non vado a stare con altre che mi picchiano, mi trattano male… Ci sono gruppi in vari luoghi: il gruppo della diciottesima strada, del parco centrale, del parco Concordia, della nonna avenida… Sono gruppi che a volte si affrontano
I com’è la vita in un gruppo?
MI: nel gruppo di cui facevo parte, non era male. tutto andava bene, ci aiutavamo, ognuno faceva il possibile per trovare soldi, c’era molta amicizia, si formavano coppie… Però ci sono anche gruppi cattivi dove i più grandi violano le ragazze che arrivano nel gruppo mentre le ragazze più grandi picchiano quelle nuove che arrivano nella strada…
Ma: Nel gruppo dove stavo, non c’ erano capi, nessuno comandava, ognuno comandava a se stesso, faceva ciò che i piaceva… In questi gruppi, la vita era di drogarsi, inalare colla… La mia vita nella strada: sempre problemi con la polizia che ci picchiava… Nella vita di gruppo ci sono regole: non si può prendere il marito delle compagne, non si può maltrattare gli altri… Se non osservi le regole non ti puoi mantenere nel gruppo…
I: Come si fa per vivere, per guadagnare i soldi per mangiare, per la droga?
Ma: Chiedono soldi e rubano. Prima non chiedevano soldi, ora hanno imparato a farlo…
I E le ragazze?
MA: Le ragazze? Si prostituiscono….
(il narratore inizia subito continuando sulle prime immagini)
N Siamo nella fabbrica abbandonata dove si mantiene il gruppo della zona 11
Susanna: Qui è la nostra casa, qui viviamo, qui conviviamo, qui mangiamo, qui dormiamo, qui andiamo d’accordo con tutti quelli che stanno qui, siamo della strada e riusciamo a sopravvivere.
Sono Maria Teresa, faccio parte del movimento e sono contenta, qui è la sala dove dormiamo…
N: Le ragazze ed i ragazzi ci fanno visitare la loro casa
I: Cosa si fa nella casa di notte?
MT: Qui ci droghiamo, dormiamo, mangiamo…
Ragazzo: andiamo a chiedere soldi, fumiamo… fumiamo droga…
MT: per di più condividiamo…
I: cosa?
MT: le cose da mangiare…
Glenda: non tutti, alcuni sì, altri no…
Ragazza: non tutti, alcuni vogliono temere tutto per se…
I: quante ragazze fanno parte del gruppo
Susanna: quante donne? Cinque… ma alcune non si fanno rispettare dai ragazzi, questo e il problema che abbiamo in questa casa… che non tutti i ragazzi rispettano le donne…
Ragazzo: così è!
Glenda: noi ci facciamo rispettare, ma loro no!
Susanna: il movimento appoggia le ragazze, le appoggia psicologicamente e spiritualmente…
(per le scene seguente, il rumore dominante è quello del traffico)
N: ragazze e ragazzi del gruppo dell’ospedale San Giovanni di Dio nelle strade adiacenti.
N: il gruppo Elektra della diciottesima strada
Alejandra: qui siamo due donne e sette uomini
I: che fate durante la giornata?
A: Luis lavora, Mario lavora… gli altri si mantengono qui…
I: a che ora vi ritrovate?
A: alle sei della notte… non si fa nulla, solo dormire e inalare solvente…
(iniziare a parlare da questa sequenza dove si vede un ragazzo che dorme sul marciapiede)
N: un ragazzo del gruppo della diciottesima strada, nelle vicinanze del ponte dove ragazze lavoratrici del sesso aspettano i clienti… la gente passa indifferente…
N: in quest’edificio abbandonato, parte del gruppo della Terminal ha trovato un rifugio, una casa…
Raùl: Qui nel gruppo della Terminal siamo circa dieci ragazzi di strada… Quando siamo arrivati qua, tutto era in disordine, sporco… con il movimento abbiamo pulito tutto
I: Quante donne ci sono nel gruppo?
Carmen: due! I ragazzi sono di più…
Dopo la scena del flautista
I: perché si prende la droga in strada?
Carmen: Per dimenticare un poco le pene…
(riprende intervista a Mirna):
I: Si usa la droga nella strada… di quale tipo?
MI: ci sono molti tipi di droga e si usano per tanti motivi… per delusione, perché ci si sente abbandonato, perché ti manca l’amore di qualcuno… Puoi avere un compagno e credere di essere amata, ma non è un amore sufficiente per lasciare la droga, per non cercare un rifugio nella droga… L’alcool è quello che la gente prende di più… poi c’è la marijuana, il crack, chiamato “pietra”… Quelli che hanno più soldi s’iniettano eroina, ma è raro, la più frequente è l’erba, il crack, la pietra…
I. come la polizia tratta le ragazze e ragazzi di strada?
Mi: li tratta molto male lì discriminano… Ci sono poliziotti che conoscono quelli della strada
E li arrestano solo perché sono della strada… Picchiano le donne, tolgono loro i figli, separano i figli dalle loro madri per portarli in istituzioni statali. Picchiano molto le donne… Anche gli uomini, li arrestano e rimangono per molto tempo nei carceri… Per nulla. Conoscono le ragazze ed i ragazzi di strada, vedono, ad esempio, che chiedono soldi e li arrestano anche se non stavano rubando accusandoli di delitti non commessi …
III RAGAZZE IN STRADA foto con titolo
I: com’è la condizione delle donne in strada? La vita è più dura per loro?
MI: La vita è più dura per loro perché… perché s’ammalano… i loro compagni li picchiano, anche se anche loro sono della strada… Loro vanno a rubare e sono arrestati, anche le ragazze ma per le ragazze è più duro… Si hanno un ragazzo possono rimanere incinte e l’uomo le abbandona… dobbiamo occuparci sole del bambino… Anche la polizia ci picchi ed è duro essere arrestate….
I: come si fa per sopravvivere nella strada?
MI: alcune si prostituiscono, altre rubano, altre chiedono soldi perché hanno paura di rubare o di prostituirsi… Così si sopravvive nella strada, rubando, prostituendosi…
I: I poliziotti abusano delle ragazze di strada?
MI: Si, a volte quando le arrestano li dicono che si accettano relazioni sessuali con loro, non con uno solo, ma con due, tre o quattro, se accettano, dicono, le lasceranno andare libere… Io non ho mai accettato, dicevo loro che preferivo andare in carcere. Immagino che alcune ragazze accettano di dare loro il proprio corpo, ma loro le minacciano per impedire loro di denunciarli, dicono che li arresteranno, che rimarranno per molto tempo in carcere. Riescono ad ottenere ciò che volevano, sesso, ma non è per questo che le lasciano andare, ad ogni modo vanno in carcere.
I Ci sono malattie legate a quest’attività?
MI: Ce ne sono molte, molte malattie veneree, molto ATDS, adesso c’è molto AIDS nella strada… Io m’immagino che la gente, che gli uomini che sono inetti, lo fanno per cattiveria, per non essere i soli a morire, e così fanno il sesso con ragazze… A volte sono coscienti di avere l’AIDS, a volte, forse, sono inconsapevoli, ma hanno relazioni con ragazze e le contagiano… Di tutte, tutte le malattie, penso che la più pericolosa sia questa… E noi tutte, tutte, siamo propense ad essere contagiate….
MI : Quando le ragazze si prostituiscono non è che piaccia loro…Non vogliono che le tocchino e per questo si riempiono di molta droga per non sentire ciò che succede… perché è molto brutto, disgustoso, ti dà il voltastomaco essere toccata da qualcuno che nemmeno si conosce, anche se è giovane… E’ molto brutto… è per questo che le ragazze si drogano quando si occupano, quando hanno relazioni sessuali… si drogano il più che possono, così almeno non le baciano… ma è molto molto brutto….
(famiglie di strada)
I: Nelle coppie di strada come si comportano gli uomini?
MI: A volte si comportano un poco bene, ma la maggior parte quasi no… possono sì difenderle, non lasciarle picchiare, impedire che si manchi loro di rispetto
Ce ne sono che picchiano la loro compagna, che non le danno soldi, vanno con altre donne, le lasciano per andare con altre, hanno soldi per drogarsi, ma non per dare da mangiare alla propria donna, rubano… Non lasciano andare le loro donne in case diurne dove potrebbero fare al doccia e mangiare, … vogliono che rimangano con loro, solo con loro, solo nella camera, non vogliono che escano ed ad ogni modo non le danno nulla e le picchiano…
I e le mamme con i figli per strada?
MI: Gli uomini le abbandonano, non prendono le loro responsabilità nei riguardi dei propri figli… la mamma deve prostituirsi perché non può più rubare, deve prostituirsi o chiedere
soldi per comprare uno o due pannolini, un po’ di latte… Il papà non se n’occupa, va con un’altra donna…
I: i figli che sono allevati per strada crescono bene?
MI: Tutti i bambini che vivono nella strada, i figli delle ragazze, soffrono di malattie, di denutrizione perché non ricevono una buon’alimentazione… Ci sono ragazze di strada che li allattano, ma non mangiano nulla e danno solo droga ai loro bambini… Io penso che i bambini che vivono nella strada, vivono solo perché Dio li ama,… Molti figli delle ragazze di strada muoiono, non sopravvivono per molto tempo, al massimo vivono un anno, abitualmente muoiono durante il primo anno della loro vita… Soffrono di malattie polmonari, non hanno sufficienti difese, vivendo nella strada con le loro mamme sono senza difese, non hanno vitamine, non ce la fanno, muiono…
IV USCIRE DALLA STRADA
I: A che età sei uscita dalla strada e perché?
MI: Sono uscita dalla strada a 14 anni perché sono cascata incinta… All’inizio, non accettavo mia figlia, già sapevo che sarebbe stata una figlia, ma non l’accettavo, ho pianto moltissimo, ho sofferto molto durante i primi mesi, vivevo nella disperazione, ma grazie a Dio non ho abortito, ho smessi di prendere droghe… Ho voluto uscire dalla strada perché non volevo e non voglio che i miei figli siano nella strada, perché è una vita di dolore… E’ per questo che ho cambiato, per amore per i miei figli, per amore per mia figlia…
I: A volte provavi difficoltà, sentivi la voglia di tornare in strada?
MI: E’ difficile, è difficile… A volte non dormo tranquillamente, sento che tutti quelli della strada mi voltano le spalle… Ci sono momento in cui penso che non ci riesco… Quando si ha un problema, si sente la voglia di drogarsi, di bere o infastidire altri come nella strada dove si vive senza responsabilità… Mi è costato molto, molto… Ora mi sento felice perché ho ottenuto ciò che volevo, mi sento contenta nonostante le preoccupazioni, le responsabilità di una casa… E’ meglio stare così che nella strada… Quando si vive nella strada ,si va nelle case diurne delle istituzioni, si mangia, si può fare la doccia, cambiarsi…Tornare alla strada, sarebbe tornare allo stesso: non avere una casa dove dormire, non avere da mangiare, fare sempre le stesse cose… Che disperazione!
E’ molto importante l’aiuto di altre persone… da solo uno non si sente capace. Nel movimento, tutti sono come genitori… siamo come una famiglia e quando uno va in crisi si può parlare con loro, ti danno molto affetto, e si ha bisogno di tanto affetto in quei momenti... ti danno comprensione, affetto, pazienza, consigli tanto che alla fine uno si dice “ce la farò!”. Uno da solo non ci riesce, non può sopportare tanto dolore, ma tutti insieme uno ha più forza, gli fanno vedere le cose positive che può fare e l’aiutano molto.
I: A che età sei uscita dalla strada e perché?
MA: Sono uscita dalla strada perché ho cominciato a comprendere che valevo, ho cominciato a valorizzarmi, a rendermi conto che ero una persona di valore, che non ero come pensavo e come pensava la gente. Pensavo di non valere nulla, di essere un rifiuto… Quando ho conosciuto una persona che ha parlato con me, ho compreso che sì… che potevo uscire dalla strada, che io valevo. Quando ho conosciuto questa persona stavo sulla strada con mio figlio… Non avevo ancora conosciuto una persona che mi appoggiava, che comprendeva al mia situazione nella strada, nessuno nemmeno la mia mamma e mio papà. Ho iniziato a pensare… mi sono detta che dovevo uscire dalla strada perché ho un figlio. Prima non mi sfiorava nemmeno l’idea di uscire… Ora ho due figli, studiano, ho un lavoro qui nel movimento e non mi vergogno del mio passato. Ora lavoro per i ragazzi di strada e mi sento realizzata.
I: Fu difficile?
MA: Fu difficile… Ti sei reso conto che sempre cascavo, uscivo e ricascavo di nuovo. Adesso, grazie a Dio, ho passato sei anni senza prendere droga e mi sento bene… Pero mi è costato molto, molto, molto,… uscire dalla strada… Sono cascata sei volte…
I: Per uscire della strada fu importante un appoggio?
MA: Sì, l’appoggio di qualcuno ti fa sentire una persona che vale, che vale in questa vita, che ha un senso vivere questa vita. Quando uno sta in strada pensa di non valere nulla, che è un tossico, che dorme nella strada, che vive nella strada, che nella strada morirà… E’ necessario che qualcuno ti faccia sentire che sei una persona che vale, altrimenti mai sarai capace di fare qualcosa…
V MOVIMIENTO DE JOVENES DE LA CALLE titolo su immagine
Mi: Il movimento, penso non sia un’istituzione… è un appoggio differente da tutte le istituzioni, non è uguale… non lo vuole essere, il meccanismo è differente… Nelle istituzioni ci sono norme, regole… i maestri, quelli che sono gli educatori vogliono sempre essere trattati con rispetto non si avvicinano tanto ai ragazzi… Il movimento, invece, cerca di essere amico, gli accompagnati cercano di essere amici, non vogliono distinzione tra professori e ragazzi di strada, tenta no di capire tutti i ragazzi come se non fossero della strada. Ci sono momenti per parlare con loro… Io sento che è molto diverso da tutte le istituzioni… le norme, le regole del movimento sono definite dai ragazzi stessi, non dagli accompagnatori…. Per questo sento che il movimento è diverso da tutte le altre istituzioni…
I: Lavorando come segretaria hai la possibilità di aiutare le ragazze ed i ragazzi di strada?
MI: Sì. Per loro anch’io sono un’amica. A volte ci sono ragazze che sono molto disperate, che non sanno cosa fare, che non sanno come lasciare la strada… Io, non è che racconto la mia storia a tutti, ma ad alcune ragazze sì… Dico loro che lo possono fare come ho fatti io… E loro mi dicono: “Ma Seniò, lei mai è stata in strada, mai è stata in carcere!…”. Sì, ho la possibilità di parlare con le ragazze e anche con alcuni ragazzi. Ce ne sono che cercano solo me per parlare dei loro problemi, dire come si sentono ed io spiego loro il processo per uscire dalla strada, che costo un po’, però che dopo, ci si sente bene, non è più discriminato dalla gente…. Mi piace lavorare nel movimento, mi piace parlare con loro, appoggiarli, motivarli…
I: Pensi sia possibile che il movimento sia diretto dalle ragazze e ragazzi stessi?
MI: Sì, io penso che sì… Ci sono ragazzi molto intelligenti, anche ragazze… Costerà loro ma riusciranno a cambiare… Ci sono ragazzi che evolvono bene… Immagino che sia possibile, che possono diventare ciò che sono diventata e che un giorno a formare un movimento diretto dalle ragazze d ai ragazzi stessi… Sì, tutti insieme riusciremo a gestire il nostro movimento!
I: Mayra, tu che fai con le ragazze di strada qui nel movimento?
MA: Con le ragazze di strada? Tento che s’integrino al gruppo delle quetzalitas, che imparino a uscire dalla strada come hanno fatto le quetzalitas, questo è il mio sogno: che s’integrino con noi e così possano aiutare altri…
I: Sei contenta di lavorare nel movimento?
MA: Sono contenta di lavorare… non mi sento una professoressa, mi sento parte di loro… mai ho pensato di essere di più perché sono uscita dalla strada. Voglio molto bene a loro e ho la speranza che le ragazze ed i ragazzi ce la faranno, sento la speranza di aiutare i miei compagni ad andare avanti…
N: Il movimento si forma nella strada con attività varie, in particolare attività espressive di disegno, pittura e teatro che facilitano il contatto, la manifestazione del vissuto dei singoli e del gruppo.
Qui nella casa del gruppo della zona 11, accompagnatori di strada e volontari italiani presentano scene in cui giovani si uniscono per liberarsi da chi li opprime
La rappresentazione è seguita da un dibattito.
Ragazza: Lui voleva comandare ai quattro, farli fare ciò che loro non volevano e loro si sono uniti e l’hanno preso…
Ragazzo: Ci fa vedere che possiamo cambiare anche se la gene non ci crede… Se uno vuole, riesce
N: Il coordinatore propone loro di fare una rappresentazione e le ragazze lo vogliono fare subito.
Improvvisano scene della strada in mezzo ai fischi e prese in giro dei ragazzi. Il mascolinismo domina ancora il gruppo.
N: In una seconda fase del lavoro di strada, quando il movimento ha stabilito buone relazioni con un gruppo e che alcune ragazze e ragazzi sono interessati a partecipare ad attività, si prendono insieme varie iniziative. Qui, ad esempio, ragazze, ragazzi, accompagnatrici e volontarie stanno pulendo la casa del gruppo della Terminal.
Morris: Stiamo facendo la pulizia per vivere in un luogo pulito, non avere problemi di salute e non essere disprezzati dalla gente per la sporcizia…
N: Purtroppo una settimana dopo sono stati cacciati dalla casa. Con l’appoggio del movimento hanno scritto al governo di fornirgli un tetto. La risposta era già pronta: il carcere!
N: Un’altra tappa importante nel lavoro di strada sono le iniziative prese dai giovani che già frequentano la casa. Programmano l’attività, si procurano il materiale necessario, la svolgono, poi ne fanno la valutazione. Assistiamo qui alla prima giornata della pulizia dei cappelli per liberarli dai pidocchi. Toccherà ad altri gruppi i giorni seguenti.
Billy ci spiega il senso dell’iniziativa:
Billy: Avevamo deciso di prendere l’iniziativa di pulire dei nostri compagni dei gruppi dell’ospedale San Giovanni di Dio, di Elektra e della Terminal . Il primo giorno toccava al San Giovanni. Poi lo faremo con gli altri gruppi. Abbiamo anche programmato altre attività per la salute come la pulizia dei piedi contro i funghi. Così manifestiamo la nostra solidarietà con i nostri compagni per fare capire loro che non valgono meno delle altre persone e li invitiamo a partecipare al nostro movimento.
N: Dopo un periodo di formazione le ragazze e ragazzi che hanno partecipato alle attività nella strada e sono interessati a fare parte del movimento sono invitati a alle attività in casa. Si è spiegato loro cosa è il movimento, le attività di formazione svolte in casa, le regole di convivenza decise dalle ragazze e dai ragazzi stessi: non entrare con doghe, rispettare gli altri, partecipare in modo responsabile alle attività.
Il centro apre alle otto della mattina, ma già molto prima un buon numero di ragazze e ragazzi aspetta con pazienza sulla strada, di fronte alla porta di entrata.
Finalmente un responsabile apre la porta. Durante le prime ore le ragazze e ragazzi giocano, fanno la doccia, lavano gli indumenti. Danno molto importanza alla pulizia personale e per avere l’acqua che è vita a sufficienza abbiamo costruito una grande cisterna ed un serbatoio sul tetto.
Ogni ragazza e ragazzo che frequenta regolarmente la casa riceve la chiave di un armadio personale dove può custodire vestiti, documenti, foto, le poche cose che possiede.
Segue una prima colazione abbondante con uova, fagioli, pane o tortillas, caffè o sugo di frutta. Ormai le ragazze e ragazzi sono pronti ad iniziare le attività formative: corsi di alfabetizzazione o di scuola elementare, iniziazione alle attività professionali, dibattiti su temi della loro vita o sull’organizzazione del movimento. Qui vediamo attività di espressione teatrale e corporale.
Una volta la settimana, volontarie propongono lavori manuali che permettono alle ragazze e ai ragazzi di manifestare e prendere coscienza dei loro interessi e delle loro capacità. Così sono nate due attività produttive nella casa: la fabbricazione di prodotti artigianali e di dolci. Oggi, le volontarie insegnano come decorare dolci per diversi eventi festivi.
Per favorire la presa di coscienza ed il protagonismo delle e dei giovani, si organizzano giornate di studio su temi per loro importanti e scelti con loro. La presa di parola da parte di tutti è facilitata da lavori preliminari in piccoli gruppi. Oggi si tratta di preparare l’assemblea che fra tre mesi eleggerà un coordinamento di sette ragazze e ragazzi il cui compito sarà di attuare le decisioni prese dall’assemblea insieme al gruppo degli adulti. Tre domande sono poste: cosa significa partecipare alla gestione del movimento? Quali sono i requisiti per diventare socia o socio del movimento? Quali iniziative proporrebbero come soci del movimento?
Ragazze e ragazzi si sono divisi in cinque gruppi. Dopo i lavori di gruppo, espongono e discutono i risultati in assemblea. Ogni gruppo presenta un poster che riassume le discussioni e facilita la sintesi.
Billy: Per diventare responsabili del movimento, prima di tutto dobbiamo essere responsabili di noi stessi e con le nostre decisioni e le nostre attività formare i nuovi che vogliono fare parte del movimento.
Raùl: Dobbiamo agire con responsabilità, studiare per condividere con i nostri compagni, con quelli che sono qui e con quelli che sono nella strada , perché il movimento non è solo per noi, ma anche per i nostri compagni che stanno nella strada, in particolare per le nostre compagne che sono particolarmente colpite dalla vita in strada.
Altro Raùl: Veniamo qui studiare, per formarci, per abbandonare la droga e per insegnare agli altri a fare lo stesso…
Susana: Per partecipare alla gestione del movimento si deve mantenere la parola a se stesso, mantenere l’unione, avere fiducia, seguire con entusiasmo la formazione e stare da molto tempo nel movimento…
N: Alonica non riesce a leggere e deve essere aiutata da una ragazza che legge ciò che Alonica stessa aveva espresso
A: non bisogna essere orgoglioso o fare le cose in modo interessato…
Raul: l’importante è di condividere tutto e di non pensare solo a se stesso
Tana: Per me il movimento è un appoggio per me e per tutti i miei compagni della strada, la casa è di tutti noi della strada…
Luis: Nel movimento, riceviamo affetto… posso allontanarmi dalla droga, ricevere un appoggio in tutto. Ci aiutiamo tra noi e possiamo aiutare quelli che stanno in strada…
Raul: Mi chiamo Raùl, sono del movimento di giovani di strada, ho vent’anni e collaboro con il movimento- lavoro per i giovani di strada, apprendo a scrivere e a leggere… II mio sogno è di
Saper leggere e scrivere, di lavorare, di insegnare ai miei compagni le stesse cose…
I: Oliver, cosa hai provato quando vi hanno cacciato dalla casa vecchia della zona 11?
O: Mi sono sentito molto triste perché da molto tempo convivevamo in questa casa. Quando ci hanno cacciato, mi sono sentito male perché è una casa nella quale abbiamo vissuto tutti insieme, abbiamo condiviso tutto. Mi ha causato tristezza e dolore.
I: Perché vieni qui nella casa del movimento?
O: perché mi piace il tipo di aiuto che ci danno qui, ci fanno riflettere, ci fanno vedere come andare avanti, siamo lontani dalla droga…
I: I tuoi sogni per il futuro?
O: Vorrei fare il pane, vivere in una casa, diventare un uomo di bene… Il movimento ci potrebbe aiutare dandoci un posto per dormire, ho visto che qui ci sono dei materassi, così potremmo lavorare di giorno e venire a dormire qui durante la notte perché fuori, sulla strada, la polizia ci arresta sempre… Qui possiamo essere tutti insieme, come una famiglia, essere uniti nelle cose buone e in quelle cattive. Se uno ha bisogno d un aiuti, io glielo do, se ho bisogno io d’aiuto, l’altro me lo da… Tutti insieme ci appoggiamo gli uni e gli altri…
VI LE QUETZALITAS , titolo su foto
I: Ci parli delle quetzalitas?
MI: Ciò che fanno è buono perché s’incontrano tra persone uguali a sé, fanno amicizia tra di loro, nonostante le difficoltà, i bisticci che a volte ci oppongono… Le ragazze che fanno parte delle quetzalitas sono quelle che hanno lasciato la strada. Ci siamo fatte responsabili i noi stesse, dei nostri figli. E’ uno spazio molto carino perché ci diciamo ciò che sentiamo dentro di noi, ci divertiamo, le nostre figlie e figli giocano. E’ molto buono, un grande aiuto per noi, ci rilassiamo dopo il troppo lavoro della settimana. E’ il tempo dell’amicizia, non è un lavoro, ma un incontro, un luogo per parlare senza preoccupazione pesche i figli non sono rimasti in casa, facciamo le riunioni tranquille perché sappiamo che i nostri figli stanno con noi nella casa.
MA: Noi abbiamo cominciato con un piccolo gruppo di dodici ragazze circa… Non è stato facile perché all’inizio bisticciavamo spesso, ma ora andiamo d’accordo… Quando sorge un problema, parliamo e ci mettiamo d’accordo… Io invito le altre ragazze a integrarsi nel gruppo delle quetzalitas, che anche noi eravamo della strada e loro mi dicono: “Seniò, anche lei era della strada?!”… e non mi credono…. Io penso che riusciremo ad andare avanti…
N: Le quetzalitas si radunano ogni quindici giorni e discutono in modo sistematico i problemi che incontrano nella loro vita quotidiana. Insieme cercano soluzioni, organizzando seminari, attività produttive, dando una mano a chi si trova in difficoltà
N: Utilizzano anche loro le rappresentazioni teatrali per manifestare quanto vivono, qui per esprimere i problemi che incontrano nelle relazioni con gli uomini,
N: Anche le quetzalitas hanno affrontato il tema della gestione del movimento. Hanno già una grande autonomia nella conduzione del loro gruppo e sono un esempio per i ragazzi e le altre ragazze. La riunione inizia con una discussione approfondita in gruppi.
N: Glenda, in nome del suo gruppo, fa notare che i ragazzi sono svantaggiati nei confronti delle ragazze perché non hanno attività professionali e Ana Maria propone di aprire laboratori di falegnameria, pitture e meccanica per loro. Glenda insiste affermando che la mancanza di attività produttive e sportive è la causa della noia e del disinteresse che provano molti ragazzi nella casa, consiglia di chiedere loro cosa gli piacerebbe fare.
Glenda: il movimento non è la soluzione, la soluzione sono loro, il movimento può solo appoggiarli.
N: Le quetzalitas vengono alle riunioni con i loro figli. I bambini piccoli sono il cuore del movimento e delle quetzalitas che si preoccupano soprattutto della condizione delle madri e dei loro figli, particolarmente di quelle che vivono
in strada.
N: Mentre le madri sono in riunione, volontarie si occupano dei bambini proponendo loro giochi, disegni, racconti e passeggiate.
N: Oggi è giorno di festa e non c’è festa per i bambini, degna di questo nome, senza una pignatta.
N: Le quetzalitas sanno cosa significa vivere per strada con un figlio e hanno l preoccupazione costante di solidarizzarsi con quelle che vivono per strada. Qui stanno discutendo con una delle loro compagne che ha partorito tre mesi prima e vive con la figlia per strada. La piccola ha già rischiato di morire per denutrizione e polmonite. Un giudice aveva ordinato il ricovero delle due in una casa-famiglia di una setta, ma la ragazza è riuscita a fuggire con la figlia. Invano le quetzalitas tentano di convincerla di chiedere l’ospitalità in un’altra casa-famiglia più rispettosa delle ragazze di madre. Poi, in uno slancio di cuore, Yesenia, madre di tre figli, propone ad Alonica di occuparsi di sua figlia finché avrà recuperato una buona salute. Le altre quetzalitas appoggiano al proposta dicendo che faranno a turno per allevare la bimba. Alonica si lascia convincere, per amore di sua figlia si separa da lei e riparte sola per la strada.
N: Mayra commenta ciò che è successo.
MA: Alonica ha partorito una figlia, è rimasta qualche giorno in una casa-famiglia, poi se n’è andata… Io non la critico perché io l’ho vissuto nella mia carne quando stavo in strada… Io non la critico né la giudico perché io stessa mettevo la droga prima di mio figlio… a volte è più forte la droga dell’amore per i figli. Costa molto… le costa molto pesche sente la necessità della droga, il corpo lo chiede, lo chiede, lo chiede e non è possibile negarglielo… Io conosco Alonica da quando aveva sette anni e viveva in strada… Ora ne ha 21 o 22, penso, ha avuto una vita lunga in strada… Vuole bene a sua figlia, ma allo stesso tempo la droga fa che rifiuta la figlia, lei non vuole, ma la droga la tiene stretta….
N: Qualche giorno più tardi, in una riunione delle quetzalitas alla quale è stata invitata, Alonica spiega perché ha deciso di affidare loro la propria figlia.
Alonica: L’ho fatto perché è da molto tempo che conosco queste ragazze. Le osservo e vedo che mi vogliono bene… Non ho lasciato mia figlia per interesse, per nulla se non per il bene della bimba. Il tribunale mi aveva mandato in una istituzione, il Remar, di lì mi hanno mandato in un’altra casa chiusa, la direttrice mi ha detto che io potevo tornare in strada, ma che mia figli sarebbe rimasta lì fino al compimento dei diciotto anni di età. E’ per questo che sono fuggita con lei… Io piango, piango di continuo perché mia figli non sta più con me, ma allo steso tempo mi sento felice, mi sento felice ora che l’ho visita perché già sta meglio…
I: vuoi fare lo sforzo di uscire dalla strada e dalla droga per lei?
A: è ciò che voglio fare con Mayra… Io l’ho conosciuta quando lei stava nella strada, ma lei ha fatto lo sforzo per uscire ed ora non si droga più né nulla… Mayra sta dando un esempio a tutte le ragazze di strada…
N Vilma, anche lei quetzalita - circa una trentina di ragazze ha fatto parte per qualche tempo dell’associazione – ci confida:
Vilma: Io ho vissuto nella strada, ma ne sono uscita e ora sto lavorando. Ho due figli – Kendy e Maike – da un uomo dal quale mi sono separata per fare rispettare la mia dignità di donna. Ora sto lavorando per allevare i miei figli. Ho avuto molto aiuto dal movimento quando sono uscita dalla strada e partecipavo alle riunioni delle quetzalitas.
N:I mezzi privilegiati per uscire dalla strada, costruire un senso intimo di autostima e fiducia in sé, inserirsi in modo dignitoso nella società, sono, oltre alla fiducia e stima di persone significative, la formazione scolastica e professionale ed il lavoro. Le ragazze e ragazzi che vogliono studiare o lanciarsi in un’attività economica riceve sempre una borsa o un prestito. Recentemente le quetzalitas hanno iniziato, nella casa stessa, attività produttive come la fabbricazione di borse. Le ragazze lavorano al loro ritmo, quando vogliono, in casa propria o nella casa del movimento. Due di loro seguono anche corsi di formazione professionale.
N: Tre ragazze ed un ragazzo di strada, coordinati da Silvia, una quetzalita, producono dolci squisiti che vendono poi in pensioni o per strada Per ora utilizzano la cucina del movimento, ma per coinvolgere più ragazze e ragazzi e assicurare una produzione maggiore, sarà necessario costruire un laboratorio con un forno semi-professionale e gli strumenti necessari.
VII AMICIZIA
Titolo su foto
N: E’ necessario un tempo sufficiente di preparazione affinché le ragazze e ragazzi di strada diventino capaci di gestire in modo autonomo il loro movimento. Dopo una fase iniziale siamo ora giunti alla fase di co-gestione. L’assemblea delle socie e soci del movimento eleggerà un coordinamento che assicurerà la conduzione del movimento assieme al gruppo di nove accompagnatrici ed accompagnatori.
Ogni accompagnatrice o accompagnatore sarà affiancata da un ragazzo o da una ragazze eletti dall’assemblea.
N: durante una riunione del gruppo tecnico, Mayra delinea un programma per le attività produttive durante i tre prossimi mesi: formazione professionale, studio del mercato, calcolo dei costi dei prodotti, reperimento del materiale più economico. Propone anche di comprare macchine per cucire e un forno semi-professionale.
N: Mirna per conto suo propone un calendario di attività per le quetzalitas incentrato sulla preparazione per assumere la direzione del movimento, sulla formazione professionale di ogni ragazza del gruppo e sul coinvolgimento delle ragazze che vivono con i loro figli in strada.
I: Il movimento ha potuto svilupparsi grazie alla solidarietà internazionale. A gruppi di amiche ed amici in Italia che hanno permesso a Terra Nuova di ottenere una sovvenzione dell’Unione Europea.
Cosa pensi di questo, Mirna?
MI: Penso che grazie a loro siamo riusciti ad andare avanti. Senza il loro appoggio non sarebbe stato possibile un cambiamento continuo. Ci sono istituzioni che mandano un aiuto una o due volte, poi basta. Io penso che è molto importante l’appoggio che è dato al movimento perché rende possibile che non soltanto io. Ma molte ragazze e ragazzi possiamo uscire dalla strada, possiamo cambiare, possiamo diventare responsabili dei nostri figli.
I: In Italia, in Belgio, in altri paesi di Europa ci sono persone che appoggiano il movimento, che vengono a lavorare qui in Guatemale. Cosa pensi di questa amicizia internazionale?
MA: è importante per noi, ci rendiamo conto che ci sono persone che s interessano a noi, che ci vogliono bene senza nemmeno conoscerci di persona. Anche noi vogliamo bene a loro e le ringraziamo perché pensano al movimento, al mojoca…
N: Il progetto si sviluppa grazie a una RETE DI AMICIZIA CON LE RAGAZZE E RAGAZZI DI STRADA CHE COMPRENDE VOLONTARIE E VOLONTARI IN Guatemala, in Belgio e soprattutto in Italia. Dal ’94, gruppi di studentesse e studenti universitari vanno in Guatala durante le vacanze estive per condividere la vita delle ragazze e ragazzi di strada. Qui assistiamo alla valutazione del lavoro del gruppo del 2.001.
Sette studenti in psicologia dell’Università “La Sapienza” di Roma stanno svolgendo la loro tesi di laurea su vari aspetti della vita in strada. Altri hanno l’intenzione di fare il loro tirocinio con il movimento.
Nella solidarietà non è il danaro il più importante, ma l’amicizia di persone che in Italia o in altri paesi sono impegnate per costruire una società più giusta senza bambini affamati ed umiliati nella loro dignità di persona. Questa amicizia con le ragazze e ragazzi di strada permette a molte persone di ritrovare il senso della propria vita ed i valori essenziali della propria umanità.
Il narratore legge le informazioni sulla rete di amicizia che appaiano allo schermo.
Vanessa legge il testo dell’immagine finale