testimonianze + 2018 Gennaio 12,Guatemala

 

Care amiche e cari amici,

vi scrivo dal Guatemala prima della mia partenza per il Nicaragua. Sono arrivata venerdì scorso e riparto domani, sabato 13. Praticamente, otto giorni vissuti intensamente assieme a Gerardo ed ai nostri amici e amiche del Mojoca.

 

La maggior parte del tempo l’abbiamo passata qui, alla Casa 8 Marzo, tra lettere, ricevimenti, festeggiamenti e riunioni. Erano circa 3 anni che non venivo da queste parti e mi rallegra essere tornata. Sono sorpresa dei cambiamenti, soprattutto qui alla Casa delle donne. E’ molto gradevole starci. Non si sentono tensioni, ma al contrario, un clima di solidarietà e di amicizia. In tutto vi abitano 7 donne, una bambina di sei mesi, e Mirka, la nuova accompagnatrice della casa, che assieme a Nati, si occuperà anche della pizzeria. Naturalmente, il “nonno” e la cara Kenia che in questa settimana è in vacanza ma che compare per incontrarci e per rendersi utile. Oggi, venerdì, siamo andati io e lei a fare un corso di découpage. Lei vorrebbe continuare a fare delle manualità con queste tecnica per poter vendere alcuni prodotti.

 

L’autogestione nella casa 8 Marzo inizia bene quest’anno. Tre delle ragazze che vivono qui, si occupano della pizzeria e del pane, oltre al caffè e alle bevande naturali che hanno iniziato ad offrire da poco. Una specialità della casa si chiama “pizza Gran Carmelo” che non ho ancora assaggiato ma che immagino sia la più creativa di tutte. Ne ho approfittato per imparare a fare il pane che pazientemente mi ha insegnato Jessenia, l’unica ragazza madre che vive nella Casa, con la sua bellissima bambina di sei mesi.

 

Contemporaneamente alla gioia di vedere i cambiamenti, entrano in scena le emozioni di rabbia e di tristezza nel vedere che la violenza e le ingiustizie aumentano in Guatemala. Deily, la bambina di Jessenia, ha perso un piede quando aveva 25 giorni a causa di un massacro perpetrato da un sicario su sette venditori ambulanti , compreso un bambino lustrascarpe di undici anni, accostati nell’Avenida Roosvelt. Jessenia e la sua bambina sono state le uniche sopravvissute, ma la bambina è stata presa al piede, che ha perso, ed è stata per molto tempo tra la vita e la morte. Sembra che quando compierà undici mesi inizierà a portare una protesi. L’impotenza che si sente nel vedere e ascoltare questi racconti fanno rabbrividire ma fanno anche capire l’importanza di continuare ad appoggiare quest’isola di speranza che diventa uno dei posti sicuri per persone in queste condizioni di vulnerabilità.

 

Prossimamente, rientrerà a vivere in questa casa, durante la sua convalescenza, Jorge, un ragazzo di 29 anni, da agosto scorso ricoverato in ospedale dove gli hanno dovuto amputare una gamba nel mese di ottobre. Non ha nessun altro posto dove andare, ma qui, finché esiste l’8 Marzo, avrà la possibilità di ricostruire la sua vita e le ragazze, anche se sono poche e con molti lavori, l’accoglieranno come se fosse a casa. Sono andata a trovarlo in ospedale perché lo conosco da molti anni e tra i pensieri che ha, è quello di sapere che esiste la solidarietà di persone che anche se non conosce, sono vicine a lui.

 

Martedì 9 ho partecipato, nel piccolo appartamento di Gerardo, alla riunione della giunta direttiva del Mojoca. C’erano tutti. L’ordine del giorno era pieno di temi importanti tra cui la proposte di chiarire i criteri degli stipendi del personale, proposta avvallata da Gerardo di tornare ai tempi dell’inizio della creazione del Movimento, dove l’importanza della partecipazione è l’impegno sociale basato sull’amicizia e l’uguaglianza. Questa è stata anche una richiesta avanzata dalla rete belga in cui sollecitavano di chiarire quali erano i criteri con cui si davano gli stipendi.

 

Alla sede del Mojoca sono stata di sfuggita. La prima impressione, appena si arriva, è che qualcosa è cambiato, lo si vede appena si entra dove ci sono i tavolini del Mojocafè con una musica delicata di sottofondo aspettando i clienti da servire. Il cibo è molto buono anche se ancora mancano piccoli miglioramenti di servizio che devono diventare più accurati.

 

Giovedì 11, c’era l’apertura dell’anno sociale con i lavoratori del Mojoca ed i coordinatori del comitato di gestione. Eravamo in 29, compresi io, Kenia e Gerardo, che ha fatto un discorso di circa 8 pagine scritte, che memorizzate nella sua testa con le aggiunte speciali, saranno  diventate oltre 10 pagine. Gerardo ha fatto un discorso del percorso di questi 25 anni da quando è arrivato nel Guatemala, di quanto si è fatto e di quanto manca da fare. Oltre a lui, ha parlato anche Laura, la presidentessa del comitato di gestione con le parole di apertura, e Lucrezia, con il bilancio preventivo del 2018 approvato dalla giunta direttiva. Le persone presenti hanno ascoltato con attenzioni le nuove sfide da affrontare. Nella riunione, molti hanno appoggiato la proposta di Martha, la responsabile del laboratorio di sartoria, di commemorare questi 25 anni facendo delle attività che possano creare maggior sensibilità e solidarietà in questo cammino che ha lasciato impronte importanti in tanti ragazzi e ragazze di strada. Si è creata una commissione per iniziare con queste proposte che probabilmente ci coinvolgeranno.

 

Il Mojoca è cambiato in questi anni. Molte persone che ho visto nella riunione dell’apertura dell’anno sociale, non le conoscevo. Mi ha fatto molto piacere conoscere Edson, il nuovo accompagnante dell’équipe di strada, chi assieme a René, rilancerà il lavoro di strada, dove si andrà di nuovo tutti i giorni. Credo che Edson darà molta vitalità alla vita del Mojoca giacché ha molta esperienza e preparazione nel campo dell’educazione popolare e spero che il suo impegno andrà oltre.

 

Nonostante le difficoltà che emergono dovute anche alla realtà che si vive nel paese, dove le disuguaglianze e ingiustizie sociali sono forti, il Mojoca va avanti. La volontà di voler far parte di un mondo diverso, più umano, si sente, e la sua costruzione è iniziata da venticinque anni. Ora diventa più concreta e visibile.

 

Qui all’8 di Marzo, ogni sera, prima di mangiare, una delle ragazze improvvisa una preghiera di ringraziamento. Sempre nominano altre persone in difficoltà ovunque esse siano, a prescindere dalla loro nazionalità.  Questa capacità di immedesimarsi nella sofferenza altrui, è straordinaria. E’ una sensibilità profondamente umana che mi colpisce.

 

Questa lettera è scritta con tante immagini che mi passano per la mente, frasi ascoltate, sguardi scambiati. Avrò bisogno di più tempo per capire e assimilare meglio queste realtà dove a volte, l’inimmaginabile è invece il vissuto quotidiano di queste persone che m’insegnano che ho ancora molto da imparare e ho solo da ringraziare. 

 

Vi abbraccio con tenerezza,

Nora

 

Cittá del Guatemala, 12 gennaio 2018