testimonianze + 2009 marzo Roma
Care amiche e amici delle ragazze e ragazzi di strada, è da molto tempo che non scrivo una lettera della strada.
Il trasloco che abbiamo effettuato all’inizio di dicembre, la preparazione della festa di inaugurazione del 31 gennaio che vi ha raccontato Massimo, le elezioni di nuovi membri del comitato di gestione, due assemblee della nostra associazione giuridica, la preparazione di uno strumento metodologico che permette di verificare mese per mese in quale misura raggiungiamo i nostri obbiettivi e realizziamo le attività programmate, le riunioni di lavoro con il comitato di gestione, il collettivo di personale, le comunità delle case 8 marzo e degli amici, il gruppo delle “Quetzalitas” e i singoli gruppi di lavoro (strada, scuola, formazione professionale, inserimento lavorativo, microimprese e microcrediti, inserimento abitativo, servizi giuridico, psicologico, di salute, mensa, amministrazione, contabilità) hanno preso tutto il mio tempo.
Però siete stati nei nostri pensieri e vi abbiamo ricordato tutte e tutti con amicizia e gratitudine, specialmente in occasione della splendida festa d’inaugurazione della casa.
Nell’assemblea del prossimo sabato farò una relazione più tecnica e proposte che permettano al Mojoca di continuare a svilupparsi malgrado la crisi finanziaria mondiale che colpisce le classi popolari di tutti i paesi di tutto il mondo.
In questa lettera vi darò alcune notizie che vi permetteranno di vivere momenti della vita delle ragazze e ragazzi del Mojoca.
2008 un difficile anno di sviluppo
L’anno scorso è stato senz’altro un anno difficile. Come sempre sono i poveri che subiscono maggiormente gli effetti disastrosi dello sviluppo neoliberale e del disastro annunciato del sistema finanziario degli Stati Uniti e del sistema oppressivo che dominano.
L’aumento dei prezzi degli alimenti di base ha reso difficile la sopravivenza delle ragazze e ragazzi usciti dalla strada. Nella casa 8 marzo non riuscivamo con le sovvenzioni previste a giungere alla fine del mese. Nell’ultima settimana non c’era il gas per riscaldare l’acqua per le docce nel mese più freddo dell’anno e si mangiava quasi solo riso e fagioli.
La disoccupazione come da noi è in continuo aumento. Molte fabbriche e imprese chiudono le porte e il numero di quelli che cercano un lavoro aumenta considerevolmente con l’espulsione di decine di migliaia di persone dagli Stati Uniti. Ma in Guatemala non ci sono ammortizzatori sociali e servizi essenziali (salute, educazione, abitazione) sono negati alla maggior parte della popolazione.
La violenza aumenta di continuo. In un solo anno più di cento conducenti di autobus sono stati uccisi nella capitale perché non pagavano il pizzo richiesto da bande criminali. Ci sono quartieri popolari che si svuotano perchè la gente non riesce più a pagare le imposte di 60 euro alla settimana estorte da queste stesse bande. Il salario medio di poco più di 120 euro al mese non è sufficiente per far fronte a queste estorsioni. Un mio studente della facoltà di scienze della formazione di Viterbo che lavora in un quartiere dove è situato il secondo cimitero della capitale mi diceva che ogni giorno vengono seppelliti per lo meno quindici persone per lo più giovani assassinati. Anche la zona uno della città in cui si trovano le nostre case è controllata dalla criminalità organizzata. Si deve pagare per poter continuare un’attività commerciale e sappiamo di essere anche noi controllati da queste bande.
Un’altra difficoltà che ha rallentato e in parte disorganizzato le nostre attività era dovuta alla costruzione del nostro centro sociale che ci ha imposto di trasferire la maggior parte delle nostre attività nelle case di abitazioni o in altri locali affittati. Certe attività sono state sospese. Naturalmente queste condizioni sfavorevoli hanno pesato sul raggiungimento dei nostri obiettivi. Per esempio negli ultimi mesi dell’anno, quando già tutte le scuole avevano chiuso per le vacanze e una delle nostre insegnanti era malata e l’altra in vacanza, era più difficile continuare la scuola interna.
Malgrado questo il Mojoca ha continuato a progredire e il 2008 è stato l’anno per eccellenza degli scambi internazionali e di un maggiore impegno politico del Mojoca con la partecipazione del social forum delle americhe.
Primi mesi del 2009 una ripresa spettacolare
Un’amica italiana, giunta al Mojoca nel periodo di transizione, mi diceva che le ragazze e i ragazzi avevano poca voglia di studiare e di lavorare. Risposi che era necessario aspettare l’anno nuovo e la casa nuova. Quando si lavora con persone che hanno subito tante violenze fin dalla loro nascita, non si può da un girono all’altro ottenere cambiamenti radicali. Bisogna lasciare il tempo al tempo. E per riprendere bene le attività avevamo bisogno di un tempo sufficiente per riambientarci nella casa nuova e riorganizzare le attività. La fretta avrebbe provocato ritardi e danni.
Infatti, dalla metà di febbraio, il Mojoca ha trovato la sua vitalità e la sua creatività. Un traguardo importantissimo è stato finalmente raggiunto. La piena autogestione. Ossia oggi possiamo dire che il Mojoca è realmente diretto dalle ragazze e i ragazzi di strada. Tre anni fa un passo importante era stato compiuto quando le decisioni che riguardavano il funzionamento dei programmi erano prese solo dalle ragazze e dai ragazzi del Mojoca dopo dibattiti con le accompagnatrici e accompagnanti. Però ancora non avevano un pieno controllo della gestione dei soldi e della associazione giuridica.
Con la creazione di un dipartimento di amministrazione, del quale fanno parte tre ragazze uscite dalla strada, l’amministratrice e io stesso, tutta la gestione delle finanze e del personale è controllata dalle rappresentanti delle ragazze e ragazzi di strada. Nessuna spesa si può fare senza la firma di Sara e di Blenda, che non permettono spese non previste nella programmazione e controllano scrupolosamente le spese effettuate.
Infine l’assemblea generale dell’associazione giuridica ha eletto Glenda come presidentessa, ossia come responsabile e rappresentate legale dell’associazione. È lei che firma tutti gli atti ufficiali, i contratti di collaborazione con associazioni guatemalteche e di altri paesi. Se aggiungiamo che il novanta per cento delle socie e soci della nostra associazioni sono ragazze e ragazzi usciti dalla strada, vi sarà evidente che il traguardo della autogestione è stato finalmente realizzato.
Recentemente una persona amica di Europa mi diceva che molte ragazze e ragazzi del Mojoca non fanno sforzi sufficienti per raggiungere una vita indipendente e che gli sembrava che piaceva loro vivere di assistenzialismo. Penso che a volte ci sono ragazze che preferiscono rimanere qualche mese di più nella casa 8 marzo e posso capire questo loro desiderio dopo anni vissuti nella miseria della strada. Senza un letto, un posto a tavola e soprattutto senza rispetto ed amore. A volte mi viene da pensare che siamo noi Europei che viviamo assistiti. Abbiamo molti di noi una pensione, il diritto all’assistenza sanitaria e molte altre comodità che provengono dallo sfruttamento del terzo mondo che favorisce l’uscita alla strada di molte ragazze e ragazzi.
Il movimento si sta sempre muovendo
Le ragazze e i ragazzi hanno decisamente respinto l’assistenzialismo, non accettando la proposta generosa di aumentare le sovvenzioni per il 2009. Le ragazze della 8 marzo hanno iniziato a cercare un lavoro e hanno deciso di dare il venticinque per cento del loro magro salario o delle borse di studio che ricevono per contribuire alle spese della loro casa. Anche i ragazzi della casa degli amici hanno iniziato a cercare un lavoro; alcuni di loro danno già il loro contributo per le spese della casa. In fine l’assemblea generale ha approvato la creazione di una rete di amicizia in Guatemala, “AMIGAOS DEL MOJOCA”.
Stiamo studiando la creazione di microimprese (prodotti cucinati, pane e dolci, latte di soia) che potrebbe dare del lavoro a ragazze e ragazzi e qualche vantaggio al Mojoca stesso. Approfitterò del mio soggiorno in Belgio per incontrare artigiani e piccoli industriali che producono ottimi cioccolatini per studiare le possibilità di iniziare un’attività simile in Guatemala. Le amiche e gli amici della rete belga hanno già preso i contatti e hanno ricevuto tre mila scatole per cioccolatini. Come vedete il movimento si sta sempre muovendo.
Ho già accennato al miglioramento della nostra organizzazione con la creazione di un dipartimento di amministrazione che ha anche il compito di supervisione dei vari programmi e di formazione del personale. E lo strumento metodologico che abbiamo elaborato sulla base di dieci anni di esperienze ci permetterà un lavoro più sistematico ed efficace. Quest’anno daremo un importanza particolare alla formazione e all’impegno politico. Abbiamo aderito al “gruppo 8 marzo” che coordina 36 associazioni impegnate nella difesa della vita e dei diritti delle donne. Il Mojoca ha partecipato alla manifestazione dell’8 marzo con un centinaio dei ragazze e ragazzi. Questa manifestazione era stata accuratamente preparata e ogni gruppo aveva preparato striscioni e cartelloni colorati che dicevano le loro rivendicazioni. Parteciperemo anche all’organizzazione della manifestazione del 1 maggio e collaboriamo con vari coordinamenti di rivendicazione e di lotta. Siamo l’unica associazione di bambini e giovani di strada ad avere un impegno politico per cambiare la società guatemalteca ed internazionale.
Una sfida continua con la morte
Con queste parole una ragazza di strada riassumeva la sua vita. E così si potrebbe riassumere la vita di ogni ragazza e di ogni ragazzo di strada: una lotta continua contro la morte, quella violenta dei sicari e degli squadroni della morte, quella invisibile dell’aids e delle malattie di strada, e delle droghe. Uscire dalla strada è un processo lungo, tortuoso, difficile. Richiede una ristrutturazione della persona, della sua identità, dei sui valori, dei suoi progetti di vita. Non tutte e non tutti ci riescono, però centinaia di persone che hanno partecipato al Mojoca vivono ora fuori dalla strada. E se si vuole fare una valutazione del Mojoca, è questo che conta.
Nei rapporti ufficiali ci chiedono numeri, ed è giusto che lo facciano. Però, quando vedo le figlie e i figli dei ragazzi e delle ragazze usciti dalla strada che vivono la vita delle bambine o dei bambini o delle adolescenti della loro età, che vanno a scuola, che giocano, che sono vestiti bene, che sembrano felici, mi dico che anche per una sola di queste bambine o per uno solo di questi bambini, valeva la pena lavorare per sedici anni.
Nelle mie lettere vi parlo dei nostri successi e insuccessi, della nostra organizzazione, dei nostri programmi, ma è difficile rendere conto di ciò che è la vita quotidiana al Mojoca o alla 8 di marzo. Ciò che è importante sono le relazioni con ogni ragazza e con ogni ragazzo, il dialogo con loro, l’amicizia, lo stare accanto a loro nei momenti di difficoltà. È la gioia di vedere i progressi di ognuna e di ognuno, il dolore quando non ce la fanno o quando ritornano in strada e ricominciano a drogarsi, o abbandonano la scuola o il lavoro.
È il momento di far sentire loro che non sono giudicati ma compresi e amati, e che sono attesi. Nella 8 marzo, quando una ragazza non torna a casa, si forma un gruppo che va alla sua ricerca e se la trova tenta di convincerla di tornare a casa e di non perdere giorni o mesi di sforzo. Nella 8 marzo, come in ogni famiglia, ci sono difficoltà, bisticci, a volte duri perchè nella vita di strada bisogna essere duri per sopravvivere. Ma allo stesso tempo nei momenti di difficoltà si manifesta una grande solidarietà. Ci sono sempre ragazze disponibili per accompagnare al pronto soccorso, a qualsiasi ora della notte, una ragazza o un bambino ammalato, a portare loro i pasti che non distribuisce l’ospedale, a farsi carico dei figli delle mamme che stanno all’ospedale, che lavorano, che studiano. Nella 8 marzo, le bambine e i bambini sono figlie e figli di tutte. A volte c’e una epidemia di varicella e tutti i bambini che ancora non l’hanno presa, si ammalano uno dopo l’altro. E allora tutte le ragazze diventano infermiere benevoli. Quando nasce una bambina o un bambino, tutte si prendono cura della neonata o del neonato e della mamma. Quando arriva una nuova ragazza, tutte le danno il benvenuto e le dicono: “qui non è un focolare, una casa famiglia o una istituzione, noi siamo una famiglia e ci aiutiamo a vicenda.” E se una ragazza ha cercato un rifugio contro le violenze del marito, tutte le altre la proteggono, non la lasciano uscire sola.
Un gruppo solidale in mezzo all’egoismo e all’odio dominanti
È’ questo il Mojoca, una piccola speranza nella notte scura dell’oppressione e della devastazione neoliberale, una famiglia, con le sue difficoltà ma solidale in mezzo all’egoismo e all’odio dominanti. È una rete di amicizia che unisce noi tutti e loro tutti. E’ un sogno impossibile diventato realtà. Un sogno che non lasceremmo distruggere dalla crisi mondiale che colpisce anche ognuno di noi.
Certo il 2009 è iniziato con il fallimento di istituzioni importanti che si occupavano delle ragazze e dei ragazzi di strada. Casa Alianza, la potente organizzazione statunitense presente in Guatemala dagli anni ’80 ha chiuso le porte alle 5 del mattino di un giorno di gennaio, guardie e avvocati sono arrivati e hanno espulso dalla sede centrale tutti i lavoratori. Solo para Mujeres ha chiuso i suoi programmi per le ragazze di strada che non ospita più nelle sue case.
Da anni “Medici senza Frontiere” ha chiuso le sue attività con le ragazze e i ragazzi di strada e adesso un’altra istituzione con la quale il Mojoca aveva preso accordi per il settore della salute chiude molte delle sue attività. Un’altra istituzione storica “ La Casa del Bambino” che ospita dalle sette alla diciotto le bambine e i bambini, dalla nascita fino alla loro entrata nella scuola primaria, sta per chiudere le sue attività. Tutte le figlie e i figli che vivono nella 8 marzo e di molte ragazze uscite dalla strada sono ospitate in questa istituzione che costa poco mentre gli altri asili nidi e le scuole materne sono troppo cari per la gente povera.
Il Mojoca è l’unica associazione che continua a lavorare nella strada e la sua presenza è più che mai necessaria. Il 22 febbraio, dopo la riunione e il pranzo con le Quetzalitas e le loro figlie e figli, ero seduto nel patio. Parlavo con qualche ragazza quando un bambino di 8 anni si avvicinò a me e mi chiese: “Come fai per trovare i soldi per il Mojoca?”. Un ragazza che aveva sentito la domanda rispose indicando Jacqueline, la coordinatrice della rete belga, suo marito Marcel e il loro figlio Benoît: “Sono persone come loro che ci amano e condividono con noi”. E allora ho spiegato al ragazzino che mi ascoltava con molta attenzione cosa era Amistrada, una associazione di amicizia formata da persone che non hanno molti soldi ma che hanno un cuore grande e amano le bambine e i bambini lontani come fossero le proprie figlie o i propri figli.
I tempi sono senz’altro difficili e sarebbe ragionevole prevedere un calo delle nostre entrate. Ma il nostro progetto non è un impresa ragionevole, è un sogno impossibile da realizzare che è diventato realtà grazie a tante persone come voi in Italia, in Belgio e in altri paesi. Io sono sicuro che sapremo rispondere alla crisi del momento con un supplemento di impegno, generosità e di creatività.
Il Mojoca non chiuderà le porte fino a quando ci darà una sola ragazza o un solo ragazzo costretto a vivere nel umiliazione della strada.
Un affettuoso abbraccio, Gerardo.