testimonianze + 2006 luglio 21 Gerardo

Guatemala, 21 luglio 2006-07-23

Care amiche ed amici delle ragazze e ragazzi di strada.

Sono arrivato in Guatemala due settimane fa. Non pensavo di scrivervi tanto presto, ma eventi imprevisti sono successi e voglio raccontarli perché volete sapere ciò che succede nella strada.

Così muoiono i giovani di strada

La notizia della morte di Carlitos scoppiò all’alba del 15 luglio, un sabato, come un tuono terrificante in un cielo sereno. Sapevamo che era stato ospitalizzato, probabilmente per una overdose di solvente, però pensavamo si trattasse di una crisi passeggera dalla quale si sarebbe presto rimesso. Molti giovani di strada hanno vissuto questi episodi e non sono morti. La vigilia, presto in mattinata, amici del suo gruppo della Bolivar l’avevano accompagnato alla casa del MOJOCA.  Vomitava, non riusciva a muoversi. Due responsabili l’hanno subito condotto al centro medico per bambini di strada di una istituzione internazionale ben nota. Il medico gli fece un’iniezione e dichiarò che non c’era nulla di grave, che Carlitos si sarebbe rimesso rapidamente e che faceva finta di stare male per attirare l’attenzione. Sconsigliò addirittura di prendere un taxi per tornare a casa. Purtroppo le accompagnatrici hanno dato fiducia al medico e sono tornate al mojoca in bus. Lì hanno adagiato Carlitos su una coperta e hanno chiesto a uno dei suoi amici di prendere cura di lui. Hanno poi accompagnato all’ospedale un altro ragazzo che stava male. Ma la condizione di Carlitos non migliorava e Mirna decise di condurlo in macchina in un ospedale. Anche lì i medici si dimostrarono irresponsabili e incompetenti. L’indomani, all’alba, Carlitos che passava le notti nella compagnia numerosa delle ragazze e ragazzi della Bolivar, è morto solo in un ospedale inospitale.

Era un ragazzo del MOJOCA

Carlos aveva 17 anni. Numerosi anni di istituzione che non avevano diminuito la sua gioia di vivere, la sua estroversione, la sua facilità di contatto e di amicizia. Tre giorni prima di morire, in un laboratorio di autoespressione della nostra scuola dell’amicizia, si era descritto nel modo seguente: “sono onesto, mi piace collaborare, sono sincero, sono uno studente, sono tollerante e amichevole, mi piace ascoltare la musica, fare le cose con amore, prendermi cura delle mie cose, mi piace partecipare”.

Alla Bolívar e nel MOJOCA, Carlos aveva trovato la sua casa.veniva da noi tutti i giorni, frequentava la scuola e terminava la 6ª elementare, non mancava una seduta del laboratorio di circo animato da due giovani belgi, Amaury e Sebastiano. Quasi tutti i giorni veniva nel mio ufficio, si sedeva, scambiava qualche parola, prima di riprendere le sue attività. Non ci rendevamo veramente conto del posto che occupava nella nostra felicità.

La separazione

E di colpo la disgrazia e la tristezza nel MOJOCA. Ci identificavamo con le urla disperate della sua compagna, Guadalupe, che ripeteva a non finire come una melopea funebre: “ NO! NO! NO! NOOOOO!”, “PERCHÈ, PERCHÈ, PERCHÈÈÈÈÈ!”.

Mano a mano che la notizia si diffondeva nella strada, i giovani affluivano nella casa. Ci siamo radunati per pregare, parlare di lui, piangere insieme. Le testimonianze, spesso troncate da singhiozzi disperati, facevano l’elogio di Carlos, amico fedele e gioioso.

Una cinquantina di giovani sono rimasti tutta la notte nella casa del MOJOCA, la sua casa, per vegliarlo. La sua ultima notte con la sua famiglia della strada. In Guatemala, i sarcofagi hanno una finestra che permette di guardare il volto del defunto. Mai dimenticherò la lunga processione delle ragazze e dei ragazzi che abbracciavano il sarcofago, contemplavano il viso di Carlitos, gli parlavano, gli chiedevano perchè se ne era andato, piangendo, singhiozzando, urlando di dolore. Come eri amato, Carlitos!

La domenica mattina la casa si è di nuovo riempita. Un ultimo addio e sei dei suoi compagni hanno caricato il sarcofago sulle loro spalle. Il corpo di Carlitos ha lasciato la sua casa. Al cimitero, ragazze e ragazzi, a turno l’hanno portato sulle spalle. Addii stressanti. Poi il silenzio. La solitudine. Il cimitero che si svuota lentamente. L’assemblea che si dissolve.

Abbiamo tante domande che rimarranno senza risposta: se i medici fossero stati più responsabili e più competenti, più rispettosi dei bambini di strada, Carlos non sarebbe ancora con noi? Se avesse avuto coscienza quando era vivo di tutto l’amore che si è manifestato dopo la sua morte, non avrebbe trovato in esso la forza per dominare meglio la droga?

E adesso è tempo di agire

È venuto il tempo di trarre le conclusioni di ciò che è successo. La colpevole negligenza dei medici che lo hanno avuto in cura deve essere sanzionata a norma di legge. Poi nel MOJOCA abbiamo bisogno dei servizi di una infermiera competente, al corrente dei problemi di salute dei giovani di strada, che possa prendersi cura dei piccoli problemi ed accompagnare nei centri medici i giovani che ne hanno bisogno. La sua presenza sarebbe molto utile per le ragazze in cinte, i neonati ed i bambini della casa dell’Otto Marzo. Dovrebbe anche avere la responsabilità dell’educazione alla salute.

Poi è tempo di aprire una casa anche per i ragazzi. Lo chiedono con insistenza. Tutto ciò costa molto e già incontriamo difficoltà per finanziare i programmi esistenti. Però è una questione di vita o di morte. In questi ultimi tempi troppe sono state le morti e gli assassini.

Contro la violenza

Sabato scorso, 21 luglio, il MOJOCA ha organizzato una manifestazione contro le violenze di cui sono vittime i bambini ed  i giovani di strada. Era, a mia conoscenza, la prima manifestazione dei giovani di strada. Erano quasi in cento a sfilare dal Palazzo Comunale al Palazzo Nazionale nel Parco Centrale, con striscioni contro le violenze per esigere il rispetto dei loro diritti e per rivendicare un lavoro che permetta una vita decente. Poliziotti comunali in motocicletta scortavano la manifestazione e verso la fine uno di essi, accorgendosi che un bambino era stanco lo prese sulla sua moto. Questa manifestazione era stata preparata con un lungo lavoro dei gruppi di strada sul tema della violenza.

Le artiste dell’Otto Marzo

Per concludere questa lettera vi voglio comunicare altre buone notizie. Le accompagnatrici e le ragazze della nostra casa “Otto Marzo” prendono molte iniziative. Cuciono le tende per la loro casa e producono magnifiche cartoline. Ne porterò in Italia al mio ritorno in ottobre prossimo. Il beneficio del lavoro delle abitanti della casa servirà per il loro tempo libero.

Il club della cicogna e la scuola di bellezza

Il “club della cicogna” che prepara le ragazze in cinte alla maternità ci è stato affidato dal centro medico di “Medici Senza Frontiere”. Loro si incaricano della formazione di Mirna e Nati, le accompagnatrici della casa e fornisce il materiale necessario fino alla fine di quest’anno.

Giovedì scorso, sempre nella casa dell’Otto Marzo, è iniziato un corso di parrucchiera e di estetista, con diploma ufficiale. Sono già iscritte dieci ragazze, ma è solo un inizio.

Le giovani donne dell’Otto di Marzo

Nella nostra casa dell’Otto Marzo vivono attualmente sette giovani donne delle quali una con la sua minuscola e splendida bambina e due donne incinte. Ci si sta bene nella casa, non è un collegio o un carcere, tutto si decide insieme e ogni mattina le ragazze se vanno sole che per lavorare, chi per andare alla scuola del movimento.

Ho portato con me una ceramica dell’artista belga Max Van der Lindeln, una madre e il suo bambino. L’avevo comprata trentasei anni fa per la cappella della baraccopoli di Pratorotondo. La madre di Gesù e suo figlio, o una madre di strada e il suo bambino. Sarà la giovane donna dell’Otto Marzo. Quando entrerà nella casa faremo una grande festa dove saranno invitate tutte le ragazze di strada ed i loro bambini.

La scuola dell’amicizia

Già sapete che abbiamo riorganizzato la scuola del MOJOCA, ora la facciamo tutte le mattine dal lunedì al venerdì. Alcuni temevano che questa riforma avesse scoraggiato molti dei nostri alunni ed è il contrario che è successo: il loro numero è triplicato, aveva ragione Don Milani quando diceva che i giovani poveri sentono la necessità di studiare e di studiare seriamente. L’istruzione è l’unica ricchezza dei poveri e la formazione scolastica è una delle attività più importanti del MOJOCA.

Non offenderò la vostra intelligenza ed il vostro cuore dicendovi che il MOJOCA ha bisogno della vostra amicizia e della vostra generosità per rispondere alle esigenze dei bambini di strada. Vi abbraccio affettuosamente e vi auguro buone vacanze,

Gerardo Lutte.