testimonianze + 2005, Aprile, Gerardo per Elizabeth
Salve a tutti e tutte.....
vi mandiamo purtroppo una notizia terribile dalle strade del Guatemala.....
Gerardo
DI LEI RIMANE SOLO UNA CHIAZZA ROSSA NELLA DICIOTTESIMA STRADA
Lei si chiama Elisabetta. Aveva 17 anni e tanta voglia di vivere, di essere libera, rispettata, amata, ascoltata. Questo sogno l?aveva spinta in strada a solo otto anni. Lo stesso sogno le aveva fatto prendere la decisone, dopo 9 anni di uscire dalla strada. Faceva parte del movimento dei giovani di strada. Da tre mesi si era allontanata dalla droga. Un killer spietato ha assassinato Elisabeth nella notte tra il 22 e il 23 aprile scorso. Elisabeth aveva respinto la proposta di appartarsi con un individuo. Lui è tornato nella notte e con un arma in dotazione all’esercito e agli squadroni della morte ha ucciso con nove pallottole Elisabetta e ha gravemente ferito il suo compagno che si dibatte tra vita e morte in un ospedale. Le altre sette ragazze e ragazzi che dormivano con loro nella diciottesima strada sono fuggite, si nascondono perché sanno che questi killer eliminano i testimoni dei loro crimini. Il vile assassino ha lasciato tracce e potrebbe essere facilmente identificato. Ma gli assassini di questo tipo godono dell’impunità anche oggi in Guatemala.
Elisabetta non aveva fatto che fuggire la violenza maschile che si accaniva contro di lei fino dai primi anni della sua troppo breve vita, si allunga sempre di più il martirologio delle ragazze e dei ragazzi di strada. Anni i sforzi, di sogni, di voglia di vivere, distrutti in un istante. Un gruppo, ossia una famiglia di strada, disperso. Tutto il movimento sconvolto dalla tristezza e dalla rabbia. Non riusciamo a fermare la mano degli assassini, a proteggere la vita delle nostre ragazze e ragazzi.
E? indispensabile aprire alberghi, uno per le ragazze che vogliono uscire dalla strada ed i loro bambini, un altro per i ragazzi e le coppie. Costa molto. Non so dove troveremo i soldi ma so che apriremo presto questi alberghi. Prima di tutto per le ragazze, per proteggerle dalle brame omicide dei loro aguzzini, per facilitare il reinserimento sociale delle ragazze incinte, per proteggere i neonati e i bimbi piccoli. In memoria di Elisabetta, amata amica e sorella, che continua a vivere nelle nostre speranze e nelle nostre lotte.
Care amiche ed amici delle ragazze e ragazzi di strada, mi rincresce infinitamente di dovere iniziare la nostra comunicazione dopo il mio ritorno dal Guatemala da questa triste notizia, ma spero che per vendicare Elisabetta intensificheremo l nostro impegno di amicizia con le nostre amiche ed amici della strada.
Gerardo Lutte, Milano 24 aprile 2005-04-26
Nell’ultimo giorno di vita di Elisabetta, Jupa aveva raccolto questa sua breve storia di vita: Guatemala, 21 aprile 2005.
MI SONO STANCATA DI QUESTA VITA DI STRADA!
Mi chiamo Elizabeth, ho 17 anni, sono nata non so dove e non ho conosciuto mia madre, ho avuto dei fratelli che da quando ho memoria mi maltrattavano e mi facevano molto male.
Ho deciso di lasciare la mia casa a otto anni e andarmene sulla strada nel mio stesso quartiere, mi sono messa con degli amici che facevano parte di una banda giovanile, loro si sono presi cura di me, mi davano da mangiare, una ragazza mi faceva la doccia. Con loro mi sentivo bene finché non è arrivato un giorno un uomo molto grande che era chiamato ?veterano? e che mi ha violato.
Allora ho deciso di andarmene da quel posto. Verso i 15 anni ml sono inserita nel gruppo della strada “Bolivar” dove ho trovato degli amici che mi hanno fatto sentire bene. Lì mi sono messa con un ragazzo per sentirmi protetta e amata ma anche lui abusava di me. Ho iniziato a fare uso del solvente, questo mi aiutava a dimenticare quello che mi succedeva e per questo aumentavo sempre di più il mio consumo. Io non volevo restare lì e un giorno ho approfittato della distrazione del mio compagno, quel stupratore, per svignarmela. Mi sono nascosta in un istituto per un buon tempo, ma non ce la facevo perché non riuscivo a vivere senza la droga e la libertà che avevo sempre cercato.
Scappando dall’istituto dovevo tornare sulla strada, ma non volevo più andare al “Bolivar”, perché sapevo che mi sarei di nuovo trovata con l’uomo dal quale ero scappata. Conoscevo altri gruppi e sono andata nella 18a strada e in quel gruppo ho trovato tanti amici che erano nella mia stessa situazione, che volevano dimenticare il loro passato e vivere nella libertà. Del gruppo faceva parte una donna adulta che aveva un piccolo bambino e per me questo è stato speciale, perché il bambino mi è piaciuto molto e mi sono presa cura di lui per quattro mesi come se fosse mio figlio. La madre del bambino mi pagava con delle droghe, con il crack. Senza rendermene conto, mi sono attaccata a questo e a poco a poco mi sono distrutta sempre di più. Mentre ero in queste condizioni mi sono innamorata di Giovanni, il mio compagno.
Un giorno gli ho detto che ero stanca di tutto questo e che non volevo stare lì anche perché in questo gruppo come negli altri ho sofferto, sono stata violentata da alcuni uomini. Ora mi sento molto sporca e questa vita non è più vita. Ora che condivido la mia vita con Giovanni ho deciso che non voglio stare più lì e di non consumare più droghe, anche se questo è molto difficile perché quando vedo gli altri compagni farlo, mi viene voglia.
Tre giorni fa sono arrivate le mie amiche del MOJOCA e ci hanno invitato a frequentare la casa e ho avuto questo desiderio. Quando sono arrivata alla casa del MOJOCA mi sono sentita bene, mi sono lavata, mi sentivo in un posto sicuro, un posto dove qualcuno si prende cura di me e mi chiede come mi sento e mi ascolta e mi chiede dei miei sogni e io li condivido?.
Elizabeth si sentiva così bene che aveva preso la decisione di iniziare il processo educativo del movimento, non si sa perché ma non voleva uscire dalla casa, voleva restare lì, ma il suo compagno fece molta pressione e ha dovuto salutare i suoi amici e amiche del MOJOCA con la promessa di tornare il giorno dopo, senza sapere che quella notte avrebbe lasciato finalmente la strada.