le ricerche + Sofia Cricchio: I gruppi delle ragazze e dei ragazzi di strada del Guatemala: uniti senza padroni nella lotta per la sopravvivenza
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PRESENTAZIONE
Nella mia ricerca svolta tra febbraio e maggio 2001 a Ciudad de Guatemala,
preceduta da una altro soggiorno avvenuto due anni prima, è racchiusa la mia
esperienza, breve ma intensa, nelle "strade" di questo affascinante e
difficile paese.
Ricordo ancora il mio primo incontro, avvenuto nel '99, con alcune ragazze e
ragazzi di strada: sono entrata in una casetta di lamiera costruita in un
parcheggio d'autobus...entrando ho visto alcuni di loro distesi in un grande
letto, altri seduti inalando solvente, un ragazzo poco dopo ha cominciato ad
intonare una canzone sul "nino de la calle"(bambino di strada) e le
altre compagne e compagni lo hanno seguito...cullata dalle loro voci mi sono
molto emozionata a sentirli così vicini reciprocamente.
Questa forte immagine di una banda di strada mi ha fatto riflettere su come
questi gruppi si compongono e si organizzano, sulle funzioni e sul ruolo che un
gruppo può assumere per una persona che vive in strada.
Ho ripensato alla vita di ognuna di queste ragazze e ragazzi, alla loro infanzia
carica di vuoti affettivi e sofferenza, ho cominciato a chiedermi se chissà,
quel gruppo, quella banda, oltre ad assolvere molte delle funzioni di un gruppo
di pari d'adolescenti "comuni" (ho utilizzato quest'ultima espressione
poco felice soltanto per differenziare con chiarezza i due diversi tipi di
aggregazione giovanile) avrebbe potuto assumere il ruolo di una madre
accogliente, di un padre protettivo, di un fratello o una sorella con cui
giocare e confrontarsi, insomma se in un certo senso avrebbe potuto significare
"famiglia". Dai primi contatti con ragazze e ragazzi di strada ho
percepito quanta energia possiede una banda, infatti quest'ultima con impeto dà
voce ai propri giovani membri, i quali simbolicamente gridano: "NOI
ESISTIAMO! NOI CI SIAMO!". Nonostante vivano tra le "pieghe" di
una società opulenta e caotica, bambine, bambini e giovani di strada formano
dei gruppi lottando fino alla fine per sopravvivere, uniti, in nome di una
libertà continuamente messa in pericolo.
Dunque gruppo come famiglia ma anche come entità atavica, sempre esistita nella
storia umana e animale, tale entità protegge il singolo e "autoconserva",
combatte per continuare ad esistere.
In questo senso tali tipi di aggregazioni creano una sottocultura antagonista al
sistema sociale, utilizzano una propria morale e delle norme etiche a sè
stanti, tale aspetto potrebbe ricordare una delle funzioni principali dei gruppi
di adolescenti "comuni": raggiungere uno status autonomo dal mondo
degli adulti organizzando una sottocultura a parte.
In realtà bambine, bambini e giovani di strada raggiungono la completa
autonomia dagli adulti nel momento stesso in cui scelgono di vivere lontani
dalle rispettive famiglie d'origine, dunque il gruppo non serve ad ottenere uno
status autonomo ma le sue principali funzioni sono connesse all'istinto di
sopravvivenza e dunque a primari bisogni emotivi e materiali.
Durante la stesura del lavoro ho definito tali gruppi "anarchici" nel
senso che non esiste al loro interno una rigida struttura gerarchica e non vi è
la presenza di un'autorità esterna. E' bene però sottolineare che è sempre
visibile la presenza di un leader di gruppo, questa persona rappresenta molto
spesso una guida per le altre compagne e gli altri compagni, solitamente è un
veterano della strada ed influenza il gruppo non attraverso l'autorità bensì
con la lunga esperinza di vita in strada, con la forza, la generosità nei
confronti del gruppo ed il carisma.
Spinta dal desiderio di tornare in Guatemala ho pensato di
"utilizzare" la mia tesi per conoscere più a fondo la vita di strada
che è fondamentalmente una vita di gruppo.