15 luglio 2015
Tre ricordi
di Giovanni Franzoni, un giusto nella logica del vangelo
Vorrei condividere con voi tre brevi ricordi di Giovanni, tratti da suoi
interventi in tre assemblee domenicali della Comunità.
Nella prima avevamo letto un testo che trattava della donna esemplare. Ne
stavamo parlando. Intervenne Giovanni e ci descrisse la vita, turbolenta e
tormentata, di una donna che aveva vissuto in zona e che lui aveva aiutato. Per
vivere aveva fatto la prostituta e il suo sfruttatore l’aveva uccisa. Qualcuno/a
di noi gli chiese qualcosa;non ricordo chi fosse e cosa chiedesse. Ricordo la
risposta di Giovanni: fermatosi, rispose
con aria di rimprovero:<Ma allora non hai capito che sto parlando della donna
esemplare>.
Nella seconda il rimprovero toccò a me. Stavamo parlando della giovane Rom che,
in metropolitana, conficcando la punta dell’ombrello nell’occhio di una signora,
l’aveva uccisa. Io espressi qualche parola di comprensione e compatimento per
l’assassina. Mi rimproverò. Perché l’avevo chiamata assassina.
Un’altra volta si parlava dell’idea di Dio. Giovanni intervenne
dicendo che l’idea di Dio gli era suggerita anche
dalla vitalità, dal brulicare di vita
della flora intestinale. Ad alcuni/e,forse, parve una stravaganza senile. A me
parve invece una metafora provocatoria, ma molto efficace per dare di Dio l’idea
di un principio vitale, di una forza, un’ energia
che permea tutto il creato, lo tiene in vita e si manifesta anche nella
flora batterica intestinale, che è determinante per tenerci in vita.
Tre interventi tutti e tre ispirati ad una logica singolare, fuori del comune;
una logica che stravolge convenzioni ed
idee correnti. La logica del Vangelo.
Perché li ricordo? Perché Giovanni è stato così
e così dobbiamo conservarne il ricordo. Quello di un personaggio scomodo
che ha messo in discussione se stesso e gli altri/e, sovvertito convinzioni
consolidate, messo in dubbio certezze.
Quando un personaggio così muore, c’è un rischio: che si cerchi di edulcorarne
il profilo per renderlo accettabile ai
ben pensanti. Non dobbiamo permetterlo.
Un mio amico, cui sono legato da affetto profondo, consolidato dall’impegno
comune in Cristiani per il Socialismo durato anni, mi riferisco a Vittorio
Bellavite, scrivendo della morte di
Giovanni ha parlato di riabilitazione.
Vittorio sbaglia a mio avviso. Giovanni non merita riabilitazione, non ne ha
bisogno e non si vede chi e come e perché potrebbe riabilitarlo. Si riabilita
chi ha sbagliato, chi si è smarrito. Non
è il caso di Giovanni. Giovanni non ha tradito la sua vocazione di monaco. Se
tradimenti ci sono stati, altri l’hanno compiuti e lui ne è stato vittima.
Giovanni è stato un giusto. I giusti non si riabilitano.
Ricordo pronunciato da Nino
Lisi, durante la veglia funebre tenutasi il 14 Luglio 2017nel salone della Cdb
s. Paolo